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Il nostro volontariato in tre parole:”Immaginate una gioia”

Immaginate una gioia

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Marco Raffaelli, uno dei volontari di CASABLU, ci racconta una giornata speciale con Luca, la Roma e tutta la sua famiglia.

Essere un volontario di Spes contra spem non è solo un impegno con orari e compiti. È un modo particolare di vedere la vita. Chi dona il proprio tempo nelle nostre case famiglia non può separarlo dal resto della proprio esistenza. Semplicemente, non riesce a farlo e non lo farebbe neanche se glielo chiedessimo. Siamo quindi felici di riportare qui di seguito la testimonianza del nostro amico Marco Raffaelli, volontario di Spes presso CASABLU, che ha invitato Luca, uno degli ospiti della casa famiglia, a vedere una partita della “Magica” insieme ai lui e alla sua famiglia.

Luca aspettava quella giornata già da qualche settimana. Nei giorni precedenti, quando arrivavo a CASABLU per il servizio in cucina, mi faceva le consuete domande: “Che hai fatto oggi? che hai mangiato ieri? che hai visto in tv?”.

Ma già da qualche giorno aveva iniziato a fare domande diverse, inusuali ma sempre attente: “Dov’è che abiti? Quando gioca la Roma?”

Io, distrattamente, non avevo fatto caso alla raffica di domande, più preso dalla fatica di ricordare cosa avevo mangiato la sera prima, che dai contenuti nuovi. Poi, con calma, dopo aver preso accordi con le operatrici di CASABLU Claudia e Michela, divenne tutto più chiaro: Luca era in trepidante attesa per il pranzo a casa nostra.

Da tempo, infatti, con gli operatori stavamo pensando al progetto di far entrare CASABLU dentro le case del quartiere, facendo uscire un mondo unico e renderlo partecipe della vita di amici e volontari almeno per un giorno. Un nuovo inizio, insomma. Una forma di autodeterminazione, un voler dire “Ehi amici, ci siamo anche noi!”.

L’appuntamento era stato fissato alle 12.00 a CASABLU. Luca era stato avvisato: “Domenica vai a pranzo a casa di Marco e vi vedete la partita della Roma insieme“.

Adesso provate a chiudere gli occhi e immaginate una gioia. Io penso a Luca quella domenica mattina di novembre. Nella sala di CASABLU, con il suo giaccone imbottito, la sciarpa, i pantaloni scuri e il cappellino della Roma in testa, era eccitato. Appoggiato con un braccio alla sua Michela, che lo avrebbe accompagnato a casa nostra, sorrideva raggiante per la giornata diversa che lo attendeva.

Luca ha occhi attenti, ti guarda da lontano con discrezione, ti ascolta sempre e ha una memoria eccezionale (meglio della mia sicuramente). Si ricorda cosa fai e dove sei stato nei giorni precedenti e ti fa delle domande adeguate e precise. È fisico nei rapporti, ti abbraccia e ti tocca con delicatezza, le sue mani sono piume sulle tue. Sa farsi amare, a modo suo.

Entrato in casa nostra sorrideva a tutti, si è tolto la giacca e ha preso misura dello spazio, un sorriso che era negli occhi prima che sulla bocca. Il suo volto acceso era il mezzo per esprimere una gioia nuova, mai impacciato, mai fuori posto, era a casa sua e noi con lui.

Quando inviti un amico a pranzo non fai altro che aprire il tuo mondo, non serve di più, ma solo essere se stessi. Quanto ti torna indietro è la misura del bene che dai.

Le mani di Luca erano il principio del consenso a tutto ciò che lo circondava, era felice e le agitava, battendole sulla sua gamba accavallata con dignità ed eleganza. Le agita sempre quando sta bene, come a voler prendere i pensieri di tutti intorno a lui.

Noi abbiamo lasciato che ogni cosa accadesse come lui voleva, senza forzature, senza indurre nulla che lui non volesse. Dal pranzo – con tutte le cose che può mangiare – alla scheda sky per il calcio chiesta in prestito all?amico del terzo piano (il motivo era più che valido e condiviso). Anche questo è far entrare CASABLU nei tessuti di un quartiere e far capire che c’è una famiglia unica – a Via Comano 45 – che non chiede molto, ma sa dare più di quanto ti attendi.

Il pranzo in tavola e la partita in tv sono stati il corollario di un clima perfetto. Luca sa riconoscere le cose buone della vita, seduto, in ascolto, curioso di tutto quanto gli girava intorno.

Davanti alla sua Roma era come uno tra tanti allo stadio, teso, appassionato, trepidante per quel goal che libera tensioni ed entusiasmo. In questa giornata speciale ha fatto tutto lui: dalle domande delle settimane precedenti, all’esultanza per il goal della sua squadra del cuore.

Noi siamo stati spettatori di una vita che non è diversa ma solo unica, non è un limite fisico che la porta su un piano isolato, ma solo il rifiuto di non volere andare oltre un handicap. Luca è una vita vissuta in una mente che elabora e nutre un bene che mette in ordine ogni cosa: dall?apparente perfezione di una vita come la nostra, fino alle diversità irripetibili di ogni esistenza di CASABLU.

Luca, una volta arrivato il fischio finale della partita, si è alzato dal divano, ha chiesto il giaccone e il cappello della sua Roma e salutandoci ci ha detto: “Andiamo a casa che ho tante cose da raccontare. Che giornata bellissima che ho passato!”.

Adesso immaginate (tutti quanti) una gioia…

Potete trovare il racconto originale sul blog del nostro mitico Marco Raffaelli.

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